Partito di Alternativa Comunista

In arrivo la stangata di Prodi, favorita dalla concertazione sindacale

In arrivo la stangata di Prodi, favorita dalla concertazione sindacale

 

di Francesco Doro

 

Sono trascorsi più di due mesi dalle elezioni, il governo Prodi procede in coerenza con quanto annunciato nel suo programma. Soprattutto dalle dichiarazioni e dalle interviste sui giornali del Presidente del Consiglio e del ministro dell’economia possiamo dedurre le linee generali di politica economica del governo. Una politica economica centrata sul risanamento finanziario e sul rilancio del capitalismo italiano nei mercati europei e internazionali, una politica che per essere realizzata presuppone “lacrime e sangue” per i lavoratori e le masse popolari.

 

Il risanamento, la stabilità dei conti pubblici

 

Una volta approdato al governo, Padoa-Schioppa ha dato incarico ad una Commissione, presieduta dal professor Riccardo Faini, di fare il punto sui conti pubblici dello Stato. Nel contempo il Presidente del Consiglio tesseva rapporti più stretti, rispetto al governo Berlusconi, con la Commissione Europea a Bruxelles. Il futuro della politica estera italiana ritornava in Europa, alle “radici di Maastricht”, un traguardo che Prodi ha sempre sostenuto con tenacia.

Il 6 giugno 2006 la Commissione Faini concludeva la ricognizione sui conti pubblici “aggiornando il tendenziale deficit - pil 2006 al 4,1%, con possibile peggioramento. A questo deve aggiungersi il rapporto debito - pil 2006 al 108%.

Il Ministro dell'Economia e delle Finanze, Tommaso Padoa-Schioppa, ricevuto il rapporto della Commissione Faini dava inizio ad una campagna stampa per il rientro di “disavanzo e debito entro i parametri europei”. La campagna inizia con la dichiarazione che la situazione economico finanziaria dell’Italia è “peggiore di quella degli anni ’90” e pertanto della necessità di un intervento finanziario nell’immediato, la manovra bis. Il richiamo agli anni novanta è una doccia fredda per quei lavoratori che quegli anni hanno vissuto. Sono gli anni di Amato, della stangata da quasi 100 mila miliardi, l’abolizione retroattiva del recupero del fiscal drag, il famigerato accordo governo – sindacati – confindustria  del luglio 1992 che determinava l’abolizione definitiva della scala mobile, il blocco della contrattazione aziendale, a seguire l’accordo del 23 luglio 1993 che apriva ufficialmente la fase concertativa: il sindacato si faceva carico degli “interessi generali” e delle “compatibilità di sistema”. Gli aumenti salariali dal ’93 in poi dovranno mantenersi nel quadro “dell’inflazione programmata dal governo”, sempre al di sotto di quella reale, infine nel ‘95 la riforma Dini sulle pensioni. A seguire, dopo la breve parentesi del primo Berlusconi, quindi gli anni del primo governo Prodi, anni di risanamento finanziario per far entrare l’Italia nell’euro, il susseguirsi di manovre bis e finanziarie di centinaia di migliaia di miliardi dal ’96 al ’98, leggi di precarizzazione del lavoro (Pacchetto Treu) e contro gli immigrati (Turco-Napolitano), ecc.ecc, un solco su cui si inserì il secondo governo Berlusconi. Sono stati tredici anni di perdita del potere d’acquisto dei salari, dei diritti, delle tutele nei luoghi di lavoro e nella società.

Il Ministro dell'Economia e delle Finanze, Tommaso Padoa-Schioppa, ha illustrato gli intendimenti del governo alla Commissione Europea, i cui tecnocrati hanno accolto “favorevolmente l’impegno del nuovo governo ad agire con decisione” per il rientro del deficit e debito pubblico. Padoa-Schioppa ricevuto il sostegno europeo ha dichiarato che la manovra bis si farà probabilmente insieme alla presentazione del Dpef (dove tra l’altro viene determinata l’inflazione programmata). Le cifre rese pubbliche parlano di una manovra bis di circa 10-11 miliardi di euro, a cui seguirà una finanziaria di 30-35 miliardi di euro, 45 miliardi di euro in tutto per quest’anno. Si tratta di una politica di lacrime e sangue per i lavoratori e le masse popolari, una stangata. La manovra bis arriverà insieme al Dpef probabilmente il 7 luglio, una manovra strutturale con tagli ai settori chiave della spesa pubblica: pubblico impiego, sanità, enti locali e pensioni. Particolarmente preso di mira è il pubblico impiego: rinvio di due anni del rinnovo del contratto scaduto il primo gennaio ’06, una moratoria come nel 1992; blocco del turn over nella scuola  e stretta sulle nuove assunzioni per enti locali e sanità. Settori in cui, per effetto del Pacchetto Treu combinato a blocco del turn over e assunzioni, ben il 30% dei lavoratori sono a termine, in varie forme superano i 500 mila precari. Solo nei Comuni 40 mila co.co.pro. non potranno essere rinnovati per effetto della finanziaria Tremonti. L’affondo sul pubblico impiego e l’invio della polizia contro i precari licenziati da Atesia chiariscono le intenzioni del governo rispetto alla abolizione delle leggi precarizzanti Pacchetto Treu e Legge 30 (Biagi), ma anche la Bossi-Fini e i famigerati Cpt.

 

Il cuneo fiscale e il rilancio economico

 

Il presidente confindustriale, Luca Cordero di Montezemolo, dopo aver apprezzato e definito ineludibile il risanamento dei conti pubblici attraverso “scelte coraggiose, nel senso dei tagli alla spesa pubblica”, ha aggiunto necessario per il rilancio economico il taglio del cuneo fiscale “generalizzato” per tutte le imprese e l’abolizione dell’Irap (il contributo delle imprese per la sanità). Romano Prodi nell’incontro avuto il 15 giugno con Montezemolo ha confermato l’impegno espresso in campagna elettorale di abbattere il costo del lavoro per le imprese attraverso il taglio del 5% del cuneo fiscale con la prossima finanziaria. Il cuneo fiscale (la differenza tra il costo del lavoro pagato dall’impresa per salario e contributi sociali, e il salario netto per ciascun dipendente) comprende i contributi pensionistici, contributi sociali per la disoccupazione, gli assegni familiari, la cassa integrazione ordinaria, l’indennità economica di malattia e di maternità, l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Il 5% del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti corrisponde a circa 10 miliardi di euro, dicono calcoli confindustriali, l’entità della manovra bis. Il sistema pensionistico pubblico, sempre più ridotto al sistema contributivo per effetto della legge Dini del ’95, con il taglio del cuneo fiscale verrebbe gravemente pregiudicato. A tale azione distruttrice si aggiunge la riduzione del 6-7% dei coifficenti di trasformazione (rapporto tra pensione e ultima retribuzione) prevista dalla riforma Dini del ’95 in base all’allungamento dell’aspettativa di vita e l’innalzamento dell’età pensionabile dal 2008. Tutto converge verso l’anticipo della riforma previdenziale complementare (i fondi pensione) come dichiarato dal ministro del lavoro Damiano. Lo scippo del Tfr/Tfs ha un’evidente accelerazione. I sindacati concertativi, gli apparati burocratici sindacali, sono oggettivamente cointeressati a quest’esito.

 

L’incontro sindacati-governo

 

L’incontro tenutosi a Palazzo Chigi lunedì 12 giugno, tra Romano Prodi, il ministro Padoa-Schioppa, i ministri Letta e Bersani da un lato e i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil dall’altro, mentre nella piazza antistante la Cub-Rdb protestava per non essere stata convocata, si è risolto in un lasciapassare per la manovra bis da parte dei massimi dirigenti delle tre Confedazioni e nella valorizzazione della “svolta metodologica” messa in atto dal governo Prodi, e cioè della concertazione. Una condizione ideale per il presidente confindustriale Montezemolo che all’assemblea di Assolombarda del 19 giugno rilancia sulla manovra finanziaria bis, sui tagli alla spesa e cuneo fiscale, sull’abolizione dell’Irap. In più chiede al sindacato di decidersi ad accettare una nuova logica “meno conflittuale e più collaborativa”, perché, aggiunge, la concertazione avviata dal governo deve premiare l’impresa, per il bene dell’Italia dei padroni. Pertanto ritornando sul documento di Confindustria del 22 settembre 2005 chiede: flessibilità negli orari e nelle retribuzioni di fatto, adattamento della forza lavoro al rapido mutamento dei mercati e tecnologie, senza perdere tempo con le Rsu . La Cgil, sindacato più rappresentativo per numero di iscritti, si presenta davanti al governo e al padronato come sindacato responsabile, capace di farsi carico dei problemi complessivi del paese, basti vedere tutti i contratti firmati negli ultimi mesi (dal contratto delle telecomunicazioni a quello dei metalmeccanici, da quello del pubblico impiego fino al contratto dei chimici) che non garantiscono il potere d’acquisto dei salari, i diritti e le tutele. Proprio in riferimento a tale pratica sindacale si spiega il risultato delle elezioni del 16 giugno per il rinnovo della Rsu della Fiat Mirafiori (fabbrica in cui al referendum sul contratto dei metalmeccanici -vedi n° 2 del giornale- votarono per il No quasi il 50% di lavoratori). I risultati vedono Fim, Fiom e Uilm in calo di consensi a favore del sindacato giallo Fismic che cresce di 6 punti ed arriva al 19,9% e di quello di destra Ugl che aumenta del 3% attestandosi al 9,8%, e dall’altro al sindacato di base Cobas che passa dal 3,7 al 5,5% crescendo di un significativo 1,8%. La Fiom perdere il 4,5% di consensi attestandosi al 23,6%, la Uilm perde il 2,9 % e si attesta al 14,3%, la Fim scende del 3% ma rimane primo sindacato al 27,5%. Significativo il dato che la Fiom perde tra gli operai e recupera tra gli impiegati, è evidente il legame con il posizionamento della Fiom rispetto sia al contratto contestato dai lavoratori sia l’apertura della Cgil rispetto al governo Prodi.

 

La necessaria opposizione sindacale e politica

 

A fronte della politica economica del governo e dell’offensiva confindustriale è necessaria una risposta sindacale e politica adeguata alla fase. In questo senso l’Assemblea Nazionale, tenutasi il 12 giugno a Roma, della Rete 28 aprile in Cgil è stata un’occasione mancata. Il documento preparatorio, la relazione di Cremaschi e il testo conclusivo (fatto proprio dall’assemblea, ma non votato), non danno nessuna indicazione ne sul piano dell’analisi, ne su quello programmatico e tanto meno sul terreno organizzativo. Come Sinistra Classista della Rete 28 aprile abbiamo presentato in quella sede il documento “Ricostruiamo su basi di classe la sinistra sindacale in Cgil” come contributo di analisi, di proposta programmatica e organizzativa, ma anche  rispetto alla necessità di costruire un largo fronte di lotta contro il governo e il padronato.

Un percorso iniziato con l’assemblea nazionale del 13 maggio a Roma organizzata dallo Slai Cobas, a cui abbiamo aderito. Assemblea conclusasi con l’impegno di organizzare una manifestazione nazionale in autunno contro le manovre economiche del governo sulla base di una piattaforma unitaria e condivisa per della difesa del salario, lotta alla precarizzazione, democrazia sindacale.

La Cub Rdb ha organizzato una partecipata assemblea nazionale dei lavoratori precari, dove è stata presentata  una proposta di legge per la stabilizzazione dei lavoratori con contratto atipico del pubblico impiego, ed indetto uno sciopero generale dei precari per il 6 di ottobre.

Infine sul terreno della lotta contro la precarietà, per l’abrogazione della legge 30, della Bossi-Fini e della riforma Moratti è stato presentato il documento “Stop alla precarietà. Ora” firmato da diverse personalità, tra cui Cremaschi della Rete 28 aprile, Rinaldini segretario della Fiom-Cgil, Panini segretario della Flc-Cgil, Podda segretario della Fp-Cgil, in cui si annuncia un percorso di mobilitazioni che sfocerà in una manifestazione per i primi di novembre a Roma.

Significativa anche la riuscita dello sciopero e della manifestazione del 15 giugno a Roma dei lavoratori delle pulizie organizzata dalla Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil, con oltre 30 mila partecipanti. Un settore dove il 76% dei lavoratori è precario e con condizioni di lavoro pessime.

Tutte queste iniziative indicano la gravità della situazione dei lavoratori precari e la disponibilità di questi alla lotta.

Le manifestazioni nazionali in preparazione per l’autunno promosse da un’insieme di realtà di movimento e organizzazioni sindacali di base, di categorie importanti della Cgil, dalla Rete 28 aprile in Cgil, la raccolta unitaria delle firme per il ripristino della Scala Mobile, necessitano per essere veramente efficaci di un punto di unificazione: una vera, grande e forte manifestazione nazionale, uno sciopero generale contro le politiche economiche del governo e l’attacco padronale. Solo con un  percorso che ponga al centro una piattaforma unificante di tutta la classe lavoratrice e subalterna si può dare una prima e vera risposta operaia alla crisi capitalistica.

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