Partito di Alternativa Comunista

Bari: no alla colmata di Marisabella

Contro ogni devastazione ambientale in nome del profitto
Bari: no alla colmata di Marisabella
Una lotta non solo ambientalista ma per tutti i lavoratori

Pasquale Gorgoglione* e Donato Cippone**

Il disastro ambientale

A Bari da tempo si parla del raddoppio della colmata dell’ansa portuale di Marisabella. L’aggiunta di altri 30 ettari di cemento porterà a 50 ettari la superficie totale della spianata, grande quasi quanto tutta Bari vecchia. Secondo le intenzioni del governo e delle istituzioni locali l’opera servirà a creare un’enorme area per la movimentazione dei container.
Non poche sono le ripercussioni che la grande opera provocherà sull’ambiente. In primo luogo, scomparirà il fondale marino, sia laddove si estenderà la spianata di cemento sia nelle acque immediatamente antistanti, per raggiungere una profondità adeguata alle navi container. A colpi di dinamite l’ecosistema sarà spazzato via, determinando tra l’altro la scomparsa di un’alga, la Posidonia. Inoltre, la colmata già esistente costituisce un parziale ostacolo allo sbocco di una falda acquifera sotterranea, cosicché di frequente si verificano allagamenti di numerosi locali interrati. Se l’opera venisse ampliata sarebbe completamente occluso lo sbocco di falda e gravi sarebbero le ripercussioni sull’abitato nelle vicinanze. Un’altra prevedibile conseguenza negativa sulla zona abitata sarebbe causata dal trasporto dei container su gomma attraverso una parte della città. Bisogna immaginare, dunque, lunghe schiere di tir, i quali ogni giorno riverserebbero nel quartiere il loro carico di smog, polveri, rumori, ingorghi.
Le considerazioni fin qui esposte in parte sono frutto di studi effettuati dai comitati di cittadini che si oppongono all’opera, in parte sono semplicemente valutazioni frutto del buon senso e di un minimo di rispetto dei luoghi in cui si vive. Come è facile dedurre dalla gravità delle questioni sollevate, il processo di progettazione e di insediamento di un’opera di tale portata avrebbe richiesto un approccio ben più rigoroso e scientifico di quello fin qui seguito ed è inaccettabile che debbano essere i cittadini ad interrogarsi sull’opportunità e sulla compatibilità ambientale della colmata.

Il ruolo del centrosinistra: amministrare i malumori della gente per difendere il profitto dei padroni

Prima di diventare ministro dell’ambiente, Pecoraro Scanio vestiva i panni dell’incorruttibile difensore della natura. Durante la campagna elettorale cavalcava i pulpiti dichiarando che “non un centimetro cubo di cemento” sarebbe stato versato per la colmata qualora egli fosse stato eletto. A giudicare da quello che succede oggi bisogna riconoscere a Pecoraro una considerazione e un’osservanza assolutamente non comune del principio di coerenza: non un centimetro di cemento, appunto, ma ben... trenta ettari! Come lui, una lunga serie di dirigenti “rifondaroli” e della cosiddetta sinistra radicale ricoprono oggi importanti poltrone nei governi della borghesia locale e si trovano nella non invidiabile posizione di dover far coincidere, tramite la retorica, le menzogne da raccontare alla popolazione e ai militanti di base con il pragmatismo padronale da praticare nelle stanze dei bottoni. In queste mani la questione della colmata è diventata una patata bollente che ognuno scaricava all’altro.
Nel momento in cui bisognava esprimersi sulla necessità del Via (Valutazione d’impatto ambientale), si è scatenato un grande balletto, per lo più mediatico, in cui le responsabilità rimpallavano dal già citato ministro all’assessore regionale all’ambiente Michele Losappio (Prc), dal governatore poeta Vendola al padre padrone dei Verdi pugliesi, Lomelo, dal sindaco Emiliano alla Marchetti, sottosegretario all’ambiente (Prc). Risultato finale: il Ministero non considera necessaria la valutazione d’impatto ambientale ma rimanda a Losappio la responsabilità di effettuare dei poco chiari accertamenti e di rilasciare il definitivo via libera ai lavori…

La nefasta strategia della borghesia

La dialettica manifestatasi sin qui vedeva contrapporre la difesa dell’ambiente alle ragioni dello “sviluppo” (il denaro da destinare agli speculatori e ai padroni). Per l’esecuzione dei lavori verranno sborsati oltre 60 milioni di euro, un facile bottino per le imprese edili baresi che da sempre costituiscono una lobby potentissima. Tuttavia, non si tratta solo di devastazione ambientale e speculazione edilizia. Il padronato e i suoi rappresentanti istituzionali dipingono la colmata come una grande occasione di sviluppo economico ed occupazionale del territorio. Naturalmente non è così. Come sempre accade, dietro la maschera di benefattori i padroni nascondono le motivazioni reali legate al profitto.
I pochi e precari posti di lavoro legati alla movimentazione merci non compensano affatto la perdita occupazionale nell’industria e nella manifattura che costituisce il presupposto fondamentale alla realizzazione dell’opera. La Puglia, come il resto d’Italia, vive in una fase di deindustrializzazione profonda. La strategia di molte grosse aziende è chiudere e delocalizzare, per sfruttare la manodopera a basso costo dei paesi dell’est e, al tempo stesso, mantenere il mercato in Italia, motivo per il quale gli imprenditori hanno l’esigenza di infrastrutture per far rientrare le merci.
Le sempre più frequenti missioni di corpose delegazioni di governo e imprenditori verso i paesi in via di sviluppo, alla ricerca di nuove possibilità di sfruttamento della forza lavoro e di risorse pubbliche, illustrano bene in che direzione si muove buona parte di quegli imprenditori che negli ultimi anni si sono dichiarati in crisi. Se Prodi, in Cina come in altri paesi, va a trattare per il supersfruttamento dei lavoratori, deve anche garantire a quei paesi l’apertura del proprio mercato nazionale. E’ chiaro che in queste condizioni il padronato potrà aumentare la precarietà del lavoro e abbassare i salari anche in Italia, come già avviene. Questo è un esempio pratico di come, per garantire il massimo profitto ai padroni, non solo si distrugge l’ambiente ma si condanna alla miseria milioni di lavoratori, in Italia come nel mondo.

La ripresa delle proteste

Contro la colmata Marisabella si sono mobilitati per anni comitati di cittadini, movimenti spontanei, decine di militanti di sinistra, molti semplici cittadini, confluiti nel comitato “Fronte Porto”. Per molti di loro mandare al governo, nazionale e locale, i rappresentanti della sinistra radicale, quelli che professavano integralismo ambientalista in campagna elettorale, costituiva una vittoria importante per la causa. Il comportamento di questi dirigenti all’interno dei governi ha profondamente deluso e demotivato molti militanti a tal punto che ora l’intero movimento risulta molto indebolito.
Oggi l’azione di Pc Rol mira a dare nuovo slancio alle legittime proteste della popolazione e dei militanti di base contro questa ennesima dimostrazione di arroganza del padronato barese, sostenuta a fasi alterne dal governo Prodi e dalle giunte locali di Vendola, Divella ed Emiliano. Si è partiti con semplici presidi davanti alla sede regionale della Rai e davanti al porto. Piccole azioni che hanno riscosso il consenso non solo dei militanti del Fronte Porto ma anche dei lavoratori, di alcuni militanti onesti di Rifondazione e del consigliere comunale Donato Cippone, il quale ha avuto il coraggio di rompere con la truffaldina amministrazione barese di centrosinistra.
Non serve solo uno sforzo per unificare nella lotta l’operato, altrimenti disomogeneo, di tante forze singole e disorientate: occorre un impegno costante e al tempo stesso consapevole del fatto che è possibile rifondare le fila di un’opposizione solo su basi politiche chiare e di classe, prive di ambiguità e riserve rispetto ad un centrosinistra a direzione liberale decisamente non riformabile. Così, alle sacrosante obiezioni di carattere ambientale, solo Pc Rol lega le ragioni del mondo del lavoro, il vero terreno di scontro sociale dal quale scaturisce buona parte delle oppressioni e delle contraddizioni di questa società.

L’azione di Pc Rol a Bari: costruire l’unità nelle lotte contro i governi antipopolari

Il nostro contributo alla lotta contro la colmata di Marisabella si inserisce in un percorso politico più ampio, intrapreso nel capoluogo pugliese. Volendo tracciare un bilancio della fase politica di transizione, che va dalla scissione da Rifondazione Comunista alla nascita del nuovo partito in gennaio, il giudizio non può che essere positivo. Circondati dalla profonda delusione suscitata dai governi antipopolari, sia locali che nazionali, del centrosinistra e del rapporto del Prc e della sinistra radicale con questi, abbiamo portato con forza, nel dibattito tra i movimenti e i militanti di sinistra, la necessità di costruire un’opposizione organica e di classe, capace di dare nuovo vigore e contenuti davvero rivoluzionari alle lotte.
Questo è stato il filo conduttore di una fase politica segnata da avvenimenti significativi, dalla lotta alla finanziaria a quella contro il termovalorizzatore di Modugno, dalle proteste a fianco degli operatori sociali del Cama Lila contro il sindaco Emiliano allo scontro tra Vendola e Petrella sull’acqua, in cui siamo intervenuti a favore di quest’ultimo sostenendo la ripubblicizzazione dell’Acquedotto Pugliese. Il favore di tanti lavoratori, studenti, giovani, pensionati, disoccupati, militanti di Rifondazione (sempre più gli “ex”) e finanche piccoli commercianti, rappresenta oggi lo stimolo più grande per affrontare con entusiasmo e ottimismo la costruzione del nascituro partito comunista. Non l’ennesima setta, non la scissione dell’atomo, ma un soggetto politico realmente capace di unire sulla base di una comune volontà di trasformare la società in senso rivoluzionario.

*Pc-Rol Bari
**Consigliere comunale a Bari










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