La deriva del Prc, lo sfaldamento delle minoranze interne.
Le statuine del presepe
Fuori di lì nasce un nuovo partito comunista
di Francesco Ricci
La Finanziaria è stata approvata. Prodi e i suoi ministri sono contestati ovunque vadano; nella percezione comune di chi lavora c'è la consapevolezza che altri soldi vengono tolti dalle tasche dei lavoratori per finanziare il grande capitale, i suoi profitti, le sue guerre.
Rina Gagliardi e la "crisi della politica"
Su Liberazione (16/12/06), Rina Gagliardi commenta: "La Finanziaria è ok. Ora Prodi cosa deve fare? Un nuovo patto col popolo dell'Unione". Come spiega le contestazioni, l'ineffabile intellettuale bertinottiana (che per occulte ragioni ama definirsi "luxemburghiana")? Come mai gli operai di Mirafiori contestano i burocrati sindacali? Forse perché hanno letto (ovviamente non su Liberazione) che entro marzo il governo Prodi vuole concludere la rapina delle pensioni? Forse perché hanno saputo che in virtù di questa riforma (l'unica vera "grande riforma") un lavoratore "atipico" riuscirà forse ad accumulare una pensione di 400 euro e un lavoratore "regolare", dopo quaranta anni di contributi, intascherà un bel gruzzoletto di 700 euro mensili? No, la Gagliardi è persona di una certa statura intellettuale (specie adesso che siede su una poltroncina imbottita in parlamento) e non crede alle semplificazioni. Pensa che tutto vada ricondotto alla "crisi della politica". E che cosa è questa "crisi della politica"? Ci risponde: "Non è possibile, nel ristretto spazio di un articolo, analizzare questa crisi." Si limita così a dare un suggerimento a Prodi: ritrovare "una connessione sentimentale col popolo dell'Unione." Ahinoi, pare che i ministri di Prodi (vuoi vedere che non leggono i suggerimenti della Gagliardi?) preferiscano rafforzare altre "connessioni sentimentali" e poche settimane fa, guidati da D'Alema, prendevano appunti in bella grafia sulla "fase 2" in un "workshop" (così li chiamano) dell'associazione Italianieuropei: a dettare i compiti c'erano Montezemolo e un nutrito gruppo di industriali e di banchieri, tra cui Profumo.
Il dito di Cannavò ammonisce (e vota) Prodi
Se uno guarda un oggetto prima con l'occhio destro, poi col
sinistro, chiudendo ora un occhio ora l'altro, per un noto effetto ottico ha
l'impressione che l'oggetto si stia spostando: anche se rimane perfettamente
immobile. Se provate a fare l'esperimento con Cannavò e Turigliatto, dirigenti
di Sinistra Critica, osservandoli da un Comitato Politico all'altro, prima con
un occhio, poi con l'altro, avrete la stessa impressione. Anche in questo caso il
movimento è solo immaginario, tutto è rimasto così come lo avevamo analizzato qualche
mese fa.
Perché "la Finanziara non va, ma voto la fiducia?"
si chiedeva nei giorni scorsi il senatore Turigliatto in una dichiarazione
pubblicata su Liberazione. Perché (riportiamo testualmente) "spero
sia possibile, in futuro, di fronte alla verifica degli avvenimenti,
riconsiderare l'efficacia della validità delle scelte che abbiamo
operato."
In altre parole: i lavoratori abbiano pazienza (al limite si
sfoghino con qualche fischio). "In futuro" il gruppo dirigente del
Prc - grazie alla "critica" di Sinistra Critica - forse vorrà
"riconsiderare l'efficacia della validità delle scelte". Non c'è che
da aspettare. Non si pone - per Turigliatto - il problema di costruire subito una
opposizione nelle piazze agli attacchi del governo; non si tratta di sviluppare
in termini di classe il malcontento operaio. Bisogna solo aspettare la
"verifica degli avvenimenti", chiudendo l'occhio destro e poi il
sinistro, o anche tutti e due insieme, comunque riaprendoli si vedranno ancora Cannavò
e Turigliatto intenti a premere i pulsanti delle votazioni dalle loro
poltroncine parlamentari; alzando tra un voto e l'altro il dito (quello stesso
dito con cui votano la fiducia) per intimare al governo di cambiare politica e
per suggerire ai bertinottiani di "riconsiderare l'efficacia".
Grassi e Burgio nell'85% bertinottiano
Non si può invece accusare di immobilismo l'area
dell'Ernesto, diretta da Grassi e Burgio. Questo gruppo dirigente è anzi in
continuo movimento, attratto dalla calamita del governo. Qualche mese fa, un
quarto dei dirigenti grassiani aveva già abbandonato l'area ed era corso a
bussare alla porta della maggioranza bertinottiana, dando una mano ad
apparecchiare la tavola di governo, per poi sedersi composto in attesa delle
portate. Una buona educazione subito premiata con la nomina della Giavazzi (un
tempo organizzatrice dei grassiani) a coordinatrice del Dipartimento Organizzazione
del Prc; mentre gli altri transfughi, Valentini e Favaro, un tempo fieri
oppositori del progetto bertinottiano, come pare accada a certi miracolati quando
si bagnano con le acque di Lourdes, si sono alzati e hanno ripreso a camminare
con entusiasmo verso la Sinistra Europea.
Dopo questa prima consistente perdita, come avevamo previsto,
la forza magnetica del governo ha infine trascinato il resto del gruppo
dirigente. All'ultimo Cpn, gli stessi Claudio Grassi e Alberto Burgio hanno
votato a favore del documento bertinottiano per l'imminente Conferenza di
organizzazione. Utilizzando una frase che è stata insegnata ai dirigenti del
Prc per parlare della Finanziaria hanno ripetuto: "ovviamente non è il
nostro documento, tuttavia...". Grazie a quel "tuttavia" la
maggioranza bertinottiana è arrivata all'85% del parlamentino interno.
Falcemartello si occupa di Chavez. Arriva anche Veruggio
E il restante 15% che non ha votato con la maggioranza? E'
composto oltre che da Erre da altri due frammenti.
C'è l'area di Falcemartello che non ha eletti in parlamento
e che non ha quindi il problema di votare la fiducia. Ma ci spiegano
pazientemente che per il momento non sarebbe spiegabile ai lavoratori un
ritorno all'opposizione. Per questo Bellotti e Giardiello preferiscono puntare
sul "lungo periodo", attendendo una qualche evoluzione oggettiva
della situazione (e le ormai mitiche "contraddizioni dei Ds" che, unici
in questo universo, continuano a considerare un partito socialdemocratico). Nel
frattempo, visto che l'attesa si fa lunga ed è imbarazzante parlare della
situazione italiana, scrivono sulla loro stampa ormai solo di Chavez.
C'è poi una nuova area, guidata da un certo Marco Veruggio,
già braccio destro e direttore del giornale di Ferrando, poi rimasto, insieme a
molti ferrandiani, nel Prc, preferendo condurre una più incisiva battaglia "dall'interno
delle contraddizioni" (per inserirsi nelle quali, un quarto d'ora dopo la
nostra scissione, ha chiesto a Bertinotti di poterci sostituire negli incarichi
dirigenti). Veruggio ha evidentemente una bassa stima delle possibilità di
sopravvivenza del Pcl di Ferrando e ha preferito dare vita a una nuova area nel
Prc piuttosto di finire nel calderone ferrandiano. Come dargli torto, visto che
persino il principale dirigente romano del Pcl ferrandiano, di provata fede
mao-stalinista, non riuscendo a scorgere le migliaia e migliaia di militanti di
cui Ferrando parla alla stampa, ma solo qualche altro stalinista (non pentito)
come lui, ha paragonato il Pcl (in un articolo sul suo sito) a "una
lucetta simile a quelle che si usano per decorare i negozi quando viene
Natale".
Serve urgentemente un altro partito: noi iniziamo a costruirlo
La situazione della "sinistra antagonista" e della
"sinistra critica" nella "sinistra antagonista" conferma insomma
la necessità urgente di avviare la costruzione di un altro, nuovo e vero
partito comunista.
Un partito che contrasti ogni illusione sulla riformabilità
del capitalismo; che prepari da subito - in una lunga e dura battaglia - i
rapporti di forza per rovesciare questo sistema sociale la cui anacronistica
sopravvivenza è causa della crisi dell'umanità. Non un partito-calderone privo
di programma (o con un programma "in quattro punti"), non un partito
"leggero" con un leader pesante, ma un partito di militanti che
intervengano in ogni lotta come avanguardia, per costruire un'influenza di
massa tra le classi subalterne.
E' quanto abbiamo iniziato a fare dal giorno dopo la nostra
scissione dal Prc, nell'aprile scorso. E questo lavoro politico non lo abbiamo
condotto nel chiuso di qualche seminario per cultori dei Padri del marxismo, ma
utilizzando il marxismo odierno (cioè il trotskismo) come strumento vivo di
battaglia.
Dal 5 al 7 gennaio, a Rimini, dopo due mesi di assemblee pubbliche
in tutta Italia e dopo lo svolgimento di decine di congressi; dopo una
discussione sulle bozze di Manifesto a Tesi e di Statuto che ha coinvolto
centinaia di militanti, impegnati al contempo quotidianamente in ogni
manifestazione e lotta, politica e sindacale; terremo il congresso fondativo del
nuovo partito. Siccome siamo consapevoli (a differenza di altri) della
limitatezza delle nostre forze, crediamo con quel congresso di fare solo un
passo - piccolo ma importante - sulla strada della risoluzione del problema dei
problemi: la costruzione di un partito rivoluzionario in Italia che sia
partecipe della costruzione di un partito rivoluzionario internazionale.
A chi continua a dirci che è un progetto irrealistico
rispondiamo: siete gli stessi che nove mesi fa dicevano che bisognava
"fermare Berlusconi" e per questo accettare l'alleanza con la
"borghesia progressista": ora vediamo tutti come il governo di
centrosinistra stia cementando ancora attorno a Berlusconi un blocco sociale
reazionario. Siete gli stessi che ci dicevano "gli operai non
capirebbero": guardate Mirafiori, vi pare che gli operai non abbiano
capito di chi è realmente amico il governo?
E ancora, ai compagni delle aree critiche che spesso abbiamo
incontrato in questi mesi alle nostre assemblee di presentazione ricordiamo: ci
dicevate che avevamo ragione sul governo e che la differenza stava nel vostro
condurre la battaglia di opposizione al governo all'interno di Rifondazione;
credevate che i vostri parlamentari (Grassi, Cannavò, ecc.) avrebbero votato
contro le missioni militari. E non lo hanno fatto. Ancora fino a qualche giorno
fa vi illudevate in un loro voto contrario alla Finanziaria. Non c'è stato.
Ora vi diciamo noi: prendete atto dell'impossibilità di fare
la battaglia di opposizione al governo dell'imperialismo italiano dall'interno
di un partito le cui strutture sono ormai completamente integrate. Credete
davvero che presentare un documento (come fanno Erre e Falcemartello) o qualche
emendamento (come fa l'Ernesto) nella prossima Conferenza organizzativa del Prc
servirà a qualcosa? Non è forse vero che se non si ricostruirà ora, subito,
una opposizione al governo, non sarà possibile fermare il nuovo e definitivo
attacco alle pensioni che aprirà la via ad altre gravissime sconfitte?
Le sedi locali del Prc non esistono quasi più, sostituite da
bivacchi di assessori; il vostro partito non solo non partecipa alla
costruzione reale di lotte di opposizione ma attacca chi lo fa e al più cerca
di ricondurre le lotte nel recinto della "critica costruttiva" al
governo. Il partito di lotta e di governo nel governo "di lotta e di
mediazione" esiste solo sulla carta sporcata d'inchiostro dai Sansonetti, dalle
Rina Gagliardi, dai Cremaschi.
Volendo capire cosa è oggi Rifondazione, dopo pochi mesi di
governo, basta guardare a un episodio riportato ieri dai giornali. Bertinotti accoglie
alla Camera il cardinale Ruini per mostrargli con orgoglio il presepe, simbolo
di fede e cristianità, che ha fatto montare in parlamento. Il cardinale viene
rassicurato da Bertinotti sull'approvazione della Finanziaria (che rafforza
quel capitalismo che le gerarchie ecclesiastiche ammoniscono moralmente e di
cui godono finanziariamente). L'idillio tra il "comunista" che ha
iniziato una ricerca religiosa (per meglio trovare la porta d'ingresso del
Palazzo) e il cardinale (campione di anti-abortismo e omofobia) è completo.
Alla fine - secondo le cronache compiaciute di tutta la stampa borghese - Bertinotti
pone al prete una domanda riportata con la dovuta enfasi nei titoli dei
giornali: "si dice presepe o presepio?" Pare che sua eminenza abbia
risposto che si può dire in entrambi i modi. L'importante, evidentemente, è stare
nel presepe a fare le statuine mentre preti e padroni governano.