Partito di Alternativa Comunista

La Spagna di Zapatero

La Spagna di Zapatero
Tra corruzione immobiliare e la crisi del "processo di pace" con l’indipendentismo basco

Felipe Alegría*

Le copertine della stampa spagnola sono strapiene di scandali di corruzione immobiliare e di notizie sulla crisi del “processo di pace” con l’indipendentismo basco.

Speculazione e corruzione immobiliare

Da quando è esplose lo scandalo a Marbella, con la dissoluzione del Municipio e l’arresto del sindaco e dei consiglieri comunali, non sono finiti di sorgere nuovi scandali di corruzione immobiliare, che hanno implicato sindaci ed alti responsabili urbanistici dei governi autonomistici. Marbella è, in realtà, solo la punta dell’iceberg. Durante più di un decennio – con la complicità dei governi municipali, autonomistici e centrale, tanto di destra come di “sinistra” – il paese si è riempito di tante Marbella lungo il litorale mediterraneo e dei grandi agglomerati urbani.
Negli ultimi 10 anni, la speculazione sfrenata del prezzo dei suoli ha moltiplicato per tre il prezzo della casa, mentre i salari reali si sono mantenuti stagnanti al livello del 1997 ed il commercio del mattone si è trasformato nel principale mezzo di accumulazione capitalista. Per il terzo anno consecutivo, si stanno costruendo insieme più edifici in Spagna che in Francia, Germania e Gran Bretagna. Più del 50% degli acquisti di abitazioni sono direttamente speculative, in modo che la Spagna, essendo il paese che più costruisce, è quello che ha più abitazioni vuote in Europa (tre milioni).
Beneficiata da una congiuntura di tassi d’interesse bassi, un’immensa bolla immobiliare – alimentata da un indebitamento record di imprese e famiglie – si è impadronita dell’economia spagnola. Centinaia di migliaia di famiglie operaie sono strozzate dai mutui ipotecari, mentre la maggioranza dei lavoratori giovani e migranti si trova nell’impossibilità di accedere ad un’abitazione.
Il cosiddetto “miracolo spagnolo” poggia su questo boom speculativo. O, per meglio dire, sulla combinazione di questo boom e di un importante aumento del tasso di sfruttamento della classe lavoratrice che ha sofferto un chiaro aggravamento nel mercato di lavoro e dalla generalizzazione della precarietà lavorativa. Nei tre primi trimestri del 2006, i profitti delle banche sono stati maggiori del 42% rispetto a quelli dell’anno scorso, e quelli delle imprese non finanziarie quotate in Borsa del 32,8%, tutto un “massimo storico” secondo la Banca della Spagna.
Ma non c’è “miracolo” che duri a lungo. Non è casuale che gli attuali scandali di corruzione vengano accompagnati da inquietanti sintomi che sta avvicinandosi la fine del ciclo. Agli imprenditori edili costa sempre di più vendere gli appartamenti, le grandi banche si disfano delle loro divisioni immobiliari ed alti rappresentanti finanziari avvisano che il boom si esaurisce, mentre sognano un “atterraggio morbido”. Ma la bolla si è gonfiata troppo perché la fine della “prosperità” sia una transizione graduale e controllata. Bisogna prepararsi per fare fronte a grandi attacchi contro i lavoratori ed i settori più oppressi della società.

Il “processo di pace” con gli indipendentisti baschi marcisce



Il momento attuale è anche segnato dalla grave crisi in cui è entrato il “processo di pace”. La “pacificazione” dei Paesi Baschi era ovviamente uno dei grandi obiettivi propagandistici del Governo Zapatero.
Tuttavia, siamo a nove mesi dal cessate il fuoco e neanche i carcerati dell’Eta sono stati trasferiti nelle prigioni dei Paesi Baschi. Al contrario, la loro situazione si è seriamente aggravata, perché sono state cambiate le norme per la loro scarcerazione e sono state applicate retroattivamente, aumentando loro le pene da 20 a 30 anni, condannando così di fatto molti di essi all’ergastolo. Il detenuto Iñaki di Juana (in sciopero della fame dal 20 novembre ed alimentato forzosamente con una sonda) aveva scontato integralmente la sua condanna, ma gli è stata rifiutata la scarcerazione ed è stato condannato a 12 anni in più di prigione per aver pubblicato due articoli di opinione!
Tuttavia, il governo non si è fatto alcuno scrupolo nel rilasciare, per ragioni umanitarie (!), Vera, condannato per furto e per aver organizzato e diretto un gruppo terroristica anti-Eta chiamato Gal quando ricopriva un’alta carica del Ministero dell’Interno nel vecchio governo socialista di González. Il governo ha continuato anche le detenzioni nel lato spagnolo ed in quello francese. Ha violato i diritti elementari di organizzazione e manifestazione di Batasuna, il partito indipendentista che rappresenta più del 10% della popolazione basca. Ha proseguito nei processi, nelle multe milionarie e nella permanente persecuzione dei dirigenti indipendentisti. Il governo non è neanche capace di garantire a Batasuna che, benché abbia rispettato l’infame Legge dei Partiti e presentato nuove sigle e statuti, finirà la persecuzione giudiziale dei suoi dirigenti
Questo atteggiamento di Zapatero ha provocato una grave crisi nel “processo di pace”. In realtà, è tale la vigliaccheria del Governo di fronte agli eredi politici del franchismo (rappresentati dal Pp) ed agli apparati di Stato (che la Transizione spagnola non ha mai epurato) che non passa giorno senza che aumentino i dubbi sulla capacità di Zapatero di mettere fine alla repressione della sinistra indipendentista e di scarcerare i carcerati dell’Eta. E senza questo, la continuità del processo rimane inevitabilmente in dubbio.
In realtà, per Zapatero, la “pacificazione” non significa in assoluto riconoscere ai baschi il diritto democratico di decidere il proprio destino bensì, al contrario, la semplice dissoluzione dell’Eta e la resa della sinistra indipendentista, mediante l’accettazione delle regole del gioco della Costituzione monarchica, una Costituzione che i baschi respinsero.

Il Governo Zapatero: un governo sottomesso e codardo

Il governo Zapatero, codardo di fronte al conflitto basco, non ha coraggio né dignità per annullare i processi sommari della dittatura franchista e riabilitare le vittime della repressione del franchismo. La “Legge della Memoria Storica” che Zapatero ha presentato al Parlamento significa, né più né meno, il riconoscimento della legalità della dittatura militare fascista di Franco.
Riscontriamo la stessa codardia nel recente patto firmato dal governo con la gerarchia cattolica, uno dei principali baluardi della reazione spagnola. Quest’accordo legalizza indefinitamente il sostentamento del clero a carico dei fondi pubblici e rimette alla Chiesa il debito 300 milioni che lo Stato vantava. La Chiesa riceverà 168 milioni annui per finanziare curati e vescovi. Questi soldi, inoltre, sono solo un’infima parte dei 5.057 milioni che annualmente lo Stato paga, buona parte dei quali serve a finanziare la scuola cattolica.
La recente riforma del lavoro, concordata con la Confederazione degli industriali (che voleva andare più lontano), e l’apparato dirigente dei sindacati maggioritari (Ccoo ed Ugt) ha significato un altro passo in più verso l’aumento dei licenziamenti ed un trasferimento massiccio di denaro al padronato attraverso maggiori sovvenzioni e minori contribuzioni alla Previdenza Sociale. Il Governo ha approvato anche una riforma fiscale, con regali alla Confederazione degli industriali ed agli alti redditi, che significa ridurre la riscossione di 6800 milioni ogni anno. Ugualmente, con l’appoggio del padronato e della burocrazia sindacale, ha reso più dure le condizioni di vita e la repressione sugli immigranti senza permesso.

Costruire un’opposizione di sinistra al governo



In una situazione come quella attuale, segnata ancora dalla smobilitazione sociale, il Governo Zapatero, con un discorso ipocrita, continua a mantenere ancora un significativo grado di appoggio popolare. Una delle ragioni di ciò è che appare come contrasto verso una destra radicalizzata ed erede politica del franchismo. Un altro motivo è il costante appoggio che gli prestano i capi di Ccoo ed Ugt (che hanno firmato le riforme che sono state loro messe davanti e hanno smobilitato quello che hanno potuto). E la stessa cosa si può dire dei partiti parlamentari alla “sinistra” del Psoe, come sono Izquierda Unida-Pce ed Esquerra Repubblicano de Catalunya.
Bisogna aggiungere, inoltre, che il mantenimento, per il momento, della congiuntura economica di “prosperità” consente – a differenza di quanto accade in Portogallo – di governare senza lanciare attacchi frontali al movimento operaio e popolare e fare alcune meschine concessioni sul salario minimo e sulle pensioni minime.
Ma non si può far fronte alla destra senza combattere le misure antioperaie ed antipopolari del governo. Questo è il compito per il quale si impegna Corriente Roja (Corrente Rossa) – della quale fa parte il Prt-Ir – che ha occupato un posto di prima fila nell’impulso della manifestazione dello scorso 6 dicembre contro la monarchia, alla quale hanno assistito alcune 5000 persone, in maggioranza giovani. La stessa cosa possiamo dire delle mobilitazioni studentesche di novembre contro la privatizzazione dell’insegnamento o la solidarietà con i conflitti operai, come quello del personale di terra di Barcellona di Iberia, processato per sedizione per avere invaso le piste dell’aeroporto alla fine di luglio del 2006.

*Dirigente del Prt (Partito rivoluzionario dei lavoratori), sezione spagnola della Lit-Ci (Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale)



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