Gli insegnamenti per il proletariato mondiale
Davide Margiotta
Oaxaca evoca per la borghesia e per la sua democrazia l’incubo più grande: lo spettro della Comune, cioè il tentativo delle masse di costruirsi un altro tipo di società, basata su un altro tipo di potere. Questo è quello che è successo ad Oaxaca a partire dalla primavera di quest’anno: l’Appo (l’Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca), che raggruppa oltre 350 organizzazioni sindacali, bracciantili e popolari, ha rappresentato di fatto un potere alternativo a quello ufficiale.
All’apice della lotta, l’Appo disponeva di ampissimi poteri: il controllo di vie e mezzi di comunicazione, il funzionamento di negozi e mercati. Sono state erette barricate permanenti, occupati palazzi municipali e federali, creata una milizia armata per l’autodifesa popolare: come ha titolato La Jornada, ad Oaxaca è sorta una Comune.
Naturalmente le classi dominanti da subito hanno visto nella Comune di Oaxaca un chiaro attentato al proprio potere. Significativamente, il principale collante delle rivendicazioni di diversi settori popolari è proprio la cacciata del Governatore dello Stato, Ulises Ruiz Ortiz (Uro).
Il Presidente uscente Vicente Fox ha adottato nei confronti di Oaxaca la tattica del bastone (molto) e della carota (poca). Da un lato offriva al movimento di ridefinire il contratto degli insegnanti locali, da cui era partita la protesta, di concedere indipendenza economica alla Sezione 22 del loro sindacato (che rappresenta l’avanguardia della lotta), di convocare l’attuale e la passata amministrazione del governo statale, promuovere una riforma politica per permettere un referendum revocatorio della carica di Governatore (ottenendo di dividere il movimento, con l’ala riformista della Sezione 22, guidata da Enrique Rueda, che vuole accettare la proposta). Dall’altro si rifiutava nei fatti di destituire il Governatore Ruiz e inviava nella capitale la Polizia Federale Preventiva (Pfp). Il 29 ottobre, la Pfp entrava in massa nella città di Oaxaca, ponendo fine dopo oltre cinque mesi all’occupazione da parte dell’Appo del centro della città, ma i manifestanti ricostruivano le barricate distrutte alle spalle degli assalitori.
Bande armate in difesa del capitale
Con il passare del tempo la posta in gioco si fa sempre più alta: la borghesia sa bene che la cacciata di Uro costituirebbe un pericoloso precedente per tutto il Paese e contribuirebbe in modo potentissimo alla presa di coscienza nella propria forza da parte delle masse. Il giorno più duro per i manifestanti è senza dubbio sabato 25 novembre, quando, grazie alla copertura della Polizia Federale, la sbirraglia e i gruppi parapolizieschi di Uro hanno scatenato una vera e propria guerra nel centro cittadino. Gli agenti, appostati sui tetti delle case del centro occupato militarmente già da un mese, hanno bombardato i manifestanti che li stavano accerchiando con pietre, biglie di ferro e lacrimogeni, sparando poi con armi da fuoco sui manifestanti in fuga.
Il bilancio degli scontri è stato di cinque morti, oltre cento feriti e un numero imprecisato di “desaparecidos”. Santo Domingo, sede del presidio permanente dell'Appo, è stata sgomberata dalla Pfp. A questo punto l’Appo decide di ripiegare, per evitare ulteriori spargimenti di sangue.
Tutti gli osservatori concordano su un punto: ad Oaxaca, dopo il 25 novembre, regna il terrore. Tra gli abusi commessi si segnalano: demolizioni di case, sequestri, torture, attentati contro attivisti e manifestanti e, recentemente, lo spostamento degli arrestati in carceri di massima sicurezza lontani dallo stato, impedendo ai detenuti di comunicare con l’esterno. Nella capitale dello stato la stampa viene aggredita, mentre sono stati cancellati i diritti di manifestare e di circolare.
La Polizia di Oaxaca (Pgjeo) ha installato posti di blocco mobili con liste di attivisti politici e perquisisce i passeggeri sui trasporti pubblici. Il primo dicembre assume ufficialmente la carica di Presidente Felipe Calderon, del Pan, uscito vincitore da elezioni palesemente truccate. Calderon lancia subito un appello per chiamare tutte le forze sociali al dialogo al fine di risolvere la questione oaxaquena. A questo fine il 4 dicembre Flavio Sosa e altri tre dirigenti dell’Appo si recano a Città del Messico per un incontro concordato con la Segreteria Governativa. Una volta nella capitale, i tre vengono arrestati a tradimento dalla polizia federale, a dimostrazione di quali siano i margini di trattativa con il Governo. Ma, nonostante la repressione e la clandestinità cui sono stati costretti i militanti dell’Appo, la mobilitazione continua. Le ultime notizie che ci arrivano proprio mentre finiamo di scrivere questo articolo, riguardano la gigantesca manifestazione indetta per il 22 dicembre.
Cosa ci insegna la Comune di Oaxaca?
I fatti di Oaxaca ci consegnano molti insegnamenti utili.
Primo: la rivoluzione è attuale. Secondo: quando le masse scendono in lotta, si dotano di strumenti di potere alternativi, basati su forme consiliari (cioè sovietiche) di governo. Terzo: la violenza rivoluzionaria è necessaria. Per opporsi alla reazione delle classi possidenti non esistono altri mezzi se non milizie di autodifesa, barricate e ogni altro strumento che possa ostacolare i massacri della reazione. Senza questi strumenti i morti ad Oaxaca sarebbero stati molti di più dei 26 accertati finora.
La direzione dell’Appo non è stata in questi mesi esente da limiti che abbiamo il dovere rivoluzionario di criticare apertamente e fraternamente. Primo: l’incapacità di vedere nella lotta di Oaxaca l’avanguardia di una rivoluzione socialista. E’mancato un partito comunista rivoluzionario radicato tra le masse, in grado di dirigere la lotta verso l’unico sbocco vittorioso possibile, la rivoluzione socialista. Secondo: non si è lavorato a sufficienza per la sua estensione a tutto il Paese, cosa che avrebbe anche reso molto più difficile il dispiegarsi della reazione borghese (è mancato inoltre l’appoggio di uno sciopero generale in tutto il Paese). Ora occorre avanzare nella creazione di un’Assemblea Popolare dei Popoli del Messico. Terzo: sono state alimentate molte illusioni sulla possibilità di una trattativa con il Governo (limiti, questi, comuni al riformismo, si veda il caso dell’Ezln). Quarto: è mancata una lotta decisa contro le tendenze riformiste e opportuniste.
Nonostante questi limiti ed errori, resta il fatto che Oaxaca rappresenta un fulgido esempio per il proletariato mondiale. La lotta di Oaxaca è la nostra lotta.