II Congresso Nazionale del Pdac
di Davide Margiotta
Il gigantesco compito che ci siamo dati sin dalla
fondazione, tre anni fa, del Partito di Alternativa Comunista è quello di
contribuire a ricostruire, in Italia e nel mondo, quella direzione
rivoluzionaria del proletariato che manca tragicamente dallo strangolamento
della Rivoluzione d'Ottobre ad opera dello stalinismo. A differenza di altri,
non ci siamo mai considerati autosufficienti a questo scopo e non è certo
nostra abitudine l'autocelebrazione. Il nostro metodo anzi è quello della
critica e anche dell'autocritica scientifica e persino spietata perchè è questa
l'unica via che può portare alla rivoluzione.
Non possiamo però che ritenerci enormemente soddisfatti
dell'esito e della qualità del Secondo Congresso, che ha dimostrato agli
scettici come il nostro sia un partito piccolo in rapporto ai compiti che
abbiamo di fronte, ma vivo, vitale, e con un crescente radicamento nella lotta
di classe, come dimostrano il maggior numero di ospiti rispetto al Congresso fondativo
del 2007, rappresentanti di realtà di lotta e del sindacalismo di classe con
cui i militanti del PdAC collaborano quotidianamente.
Il Congresso del PdAC si è svolto in un momento storico
eccezionale: il capitalismo in agonia sta attraversando una delle sue crisi più
devastanti, gettando nella miseria milioni di lavoratori anche nelle metropoli
imperialiste. Per questo si fa sempre più urgente il compito di ricostruire
quella direzione rivoluzionaria delle lotte che manca.
Dall'8 al 10 gennaio decine di delegati, ospiti e invitati
nazionali ed internazionali, si sono riuniti a Rimini per il II Congresso
nazionale del partito con questo preciso scopo. Perché il Congresso, per come lo
intendiamo, non è soltanto il momento in cui si costituiscono i gruppi
dirigenti e non è nemmeno un momento di pura riflessione teorica e accademica.
Riprova ne è il fatto che sia i congressi locali che l'appuntamento nazionale
si sono svolti sia in sessioni chiuse per i soli militanti che in sessioni
aperte a cui erano invitati a partecipare tanti compagni con cui stiamo
lavorando. Lo scopo che avevano i rivoluzionari che si sono incontrati a
Rimini, una preziosa selezione di quadri (soprattutto giovani) che stanno
crescendo e si stanno formando sulle basi del trotskismo nella militanza
all'interno delle lotte politiche e sindacali, era quello di mettere un altro
piccolo tassello nella costruzione del partito della Rivoluzione mondiale.
Due giorni di dibattito vero
Una volta espletati i compiti formali necessari al corretto
e democratico svolgimento dei lavori, non casualmente la discussione politica è
cominciata con la relazione del compagno Valerio Torre sulla battaglia della
Lit (Lega internazionale dei lavoratori, di cui siamo la sezione italiana) per
la ricostruzione della Quarta Internazionale. Perché il partito che stiamo
costruendo e di cui c'è bisogno è tanto più oggi un partito internazionale.
Durante i lavori quattro sono state le relazioni politiche:
oltre a quella già citata si sono susseguite quelle di Ruggero Mantovani sulla
situazione italiana e quelle delle compagne Pia Gigli e Fabiana Stefanoni sul
lavoro dei comunisti rivoluzionari nei sindacati. Introdotti da queste
relazioni, si sono susseguiti interventi per oltre dodici ore di dibattito di
alto livello: una ulteriore prova che la costruzione di un partito di quadri (e
non di iscritti passivi) dà i suoi frutti.
Tanti ospiti: comitati di lotta, militanti da tutto il mondo
Oltre ai delegati era presente al Congresso una folta
delegazione di ospiti nazionali e internazionali.
Questi ultimi erano compagni rappresentanti di varie sezioni
della Lit (Gran Bretagna, Belgio, Brasile, Spagna, Portogallo) e il compagno
Alejandro Iturbe (in rappresentanza del Segretariato Internazionale della Lit).
Il senso della loro presenza e dei loro interventi non era certo quello di un
mero saluto di cordialità, ma del contributo di esperienze di lotta e di
proposte di lotta, come deve essere tra internazionalisti, cioè tra militanti
impegnati nella comune costruzione di un partito internazionale.
Infine, ma non certo in ordine di importanza, erano ospitati
ai lavori compagni che non sono militanti del partito, ma con cui abbiamo
costruito in questi primi tre anni di vita del Pdac un lavoro comune a livello
sindacale e politico. Rappresentanti dei Comitati immigrati di Roma (Edgar
Galliano e Luz Miriam Jaramillo) e di Verona (Tahar Sellami), un dirigente
nazionale dell'Rdb (Enzo De Vita), un dirigente della Cub Scuola e membro del
coodinamento nazionale per la costruzione del nuovo sindacato di base
(Francesco Bonfini), rappresentanti dei lavoratori dei precari della scuola
(Giuseppe Raiola e altri compagni), dirigenti operai dei Comitati contro
l'Amianto di varie città d'Italia, ecc.
Mentre intervenivano tutti questi compagni avevamo davanti
la realtà di un partito che in questi tre anni si è costruito nel vivo delle
lotte, non nei proclami o nei comunicati stampa.
Anche in questo caso ovviamente il senso della loro presenza
non era quello dello scambio di cortesia, ma quello di ragionare insieme su
come articolare e unificare le lotte nel prossimo, cruciale, periodo.
Numerosissimi sono stati anche i saluti da organizzazioni sindacali e politiche
nazionali e internazionali, citiamo tra i tanti: i saluti di Pier Paolo
Leonardi per Rdb Cub, di Giorgio Cremaschi per la Rete 28 Aprile in Cgil, di
tante sezioni delle Lit da ogni angolo del mondo: Argentina, Perù, Colombia, Paraguay,
Russia, Stati Uniti, Bolivia, Cile...
Conclusioni
Il Congresso è terminato la mattina di domenica 10 gennaio
con l'intervento di chiusura del compagno Francesco Ricci, a nome del Comitato
Centrale uscente.
Alla fine, in un clima di euforia generale (perché non
dirlo? qualche compagno, pure quelli che già hanno fatto più di un congresso,
era visibilmente commosso; ci guardavamo tra noi pensando con orgoglio: tutto
questo è il frutto dell'intenso lavoro di questi tre anni) tutti insieme,
delegati, ospiti nazionali e internazionali, abbiamo cantato l'Internazionale.
Dopo tre giorni di estenuante lavoro i compagni sono tornati
a casa stanchi, ma cresciuti politicamente e con una consapevolezza: dopo tre
anni di lavoro difficile, controcorrente, Alternativa Comunista è oggi una
realtà importante del panorama politico: certo, piccola cosa in in relazione ai
compiti giganteschi che ci siamo posti, ma lottando per la ricostruzione di un
partito leninista di quadri militanti con influenza di massa, potremo giocare
un ruolo fondamentale nella prospettiva rivoluzionaria.